NO MORE – Contro ogni violenza

Il mese di Aprile è un mese importante, come e più di altri per me. Aprile coinvolge per 30 giorni persone da ogni parte nel mondo nella campagna che si raccoglie sotto la sigla SAAM. Se le date dedicate sono state scelte dagli US, certo è che il bisogno di concentrare l’attenzione di tutte e tutti sulle diverse manifestazioni e conseguenze delle molestie (Sexual Assault) non ha confini geografici. Né temporali. Per questo anche se in ritardo sui diversi challenge lanciati con l’hashtag #30DaysofSAAM e l’importante e sempiterno #NOMORE.

Raccogliere dati statistici sulla situazione del Bel Paese non è facile, soprattutto quando l’analisi si vuole concentrare sulla condizione delle donne e degli uomini bisessuali. Il Team di Hollaback-Italia è però venuto prontamente in nostro soccorso, offrendoci intanto del materiale raccolto e divulgato attraverso un comunicato stampa (che ci è stato prontamente reso disponibile e che condividiamo qui per renderlo ancor più di facile accesso) affiancato anche da un progetto grafico dedicato a uno studio internazionale e multiculturale.

I dati raccolti sono sconcertanti sul piano globale. Prendiamo qui in esame solo quelli del territorio italiano, tenendo a mente la definizione che sempre Hollaback offre di molestia a sfondo sessuale nello spazio pubblico.

[Definizione di molestia a sfondo sessuale nello spazio pubblico: commentare l’aspetto di una persona, il suo sesso, il suo orientamento sessuale con: gesti volgari, commenti sessuali espliciti, sguardi ammiccanti e/o insistenti, fischi e versi, urla e risate, insulti; violare lo spazio delle persone, seguire, bloccare il passaggio, toccare o afferrare parti del corpo (se sono zone erogene è violenza sessuale); cercare il contatto visivo non richiesto quando qualcuno mostra le parti intime o si masturba in pubblico]

Come indicato nel comunicato stampa precedentemente segnalato, il campione di donne intervistate è di 1.459 (di un’età compresa tra i 18 e i 40 anni). Lo sconcertante elevato numero di molestie ricevute dalle donne italiane in strada è stata forza motrice per una serie di lodevoli iniziative, quali ad esempio le marce per riprendersi le città (a partire da questa primissima influenza). Bambine, ragazze, e donne italiane vivono in maniera statisticamente dimostrata in un costante stato di non sicurezza. Le conseguenze psicologiche variano nelle manifestazioni (rabbia, ansia, depressione), e inevitabilmente segnano i comportamenti futuri (difficoltà a uscire di casa, ipervigilanza). La limitazione dello spazio personale delle donne nella dimensione pubblica è un esercizio di potere secolare, e a oggi il tacito presupposto che le cose non possano cambiare aumenta lo stato di insicurezza di chi è costretto a vivere questa circostanza. Fortunatamente cresce il numero delle campagne che offre consiglio, aiuto, e una rete di informazione e dialogo fondamentale al cambiamento. [stoptellingwomentosmile / hollaback / everydaysexism]

Purtroppo ricevere molestie pone (ancora troppo) spesso nella condizione di sentirsi in difetto, di domandarsi cosa si poteva fare per evitare questa o quella violenza (un abito più lungo, un jeans meno stretto, farsi riaccompagnare a casa da un amico di sesso maschile). Questo è assolutamente intollerabile, è una pratica di victim blaming che le vittime stesse sono state forzate nel tempo a interiorizzare, e della quale è necessario imparare a liberarsi. Non avete alcuna colpa, e insieme si può essere più forti. Per questo invito chiunque stesse leggendo a condividere la propria storia, e riporto quanto suggerito dallo stesso website di Hollaback: Condividere le storie permette di diventare consapevoli e trovare strategie di risposta alle molestie che sono comportamenti non rispettosi e umilianti, che mettono a disagio sempre.

Per scendere ancora più nel dettaglio di nostro interesse, dobbiamo rivolgerci però a un survey che raccoglie i dati negli US, dove le forme di inchiesta rispetto alle violenze e alle molestie sessuali si fanno sempre più specifiche rispetto a diversi livelli di intersezionalità. La difficoltà di trovare specifiche strutture dedicate alla comunità LGBTQ+ alle quali rivolgersi spinge spesso gli appartenenti alla comunità queer al silenzio, per evitare l’ostilità di omo-bi-transfobia.

Several studies indicate that sexual violence can be a dimension of hate or bias-motivated crimes against adults who identify — or are perceived to be —LGBTQ. For instance, Dunbar “Sexual harassment between same-sex peers: Intersection of mental health, homophobia, and sexual violence in schools” (2006) found that gays and lesbians are more likely to experience sexual assault, sexual harassment, physical assault and stalking compared to other groups typically targeted for hate crime victimization. This article, as well as “Victim experiences in hate crimes based on sexual orientation” (2002) indicate that such hate crimes are less likely to be reported to the authorities than other types of hate crimes, due to perceived homophobic and transphobic bias in the criminal justice system.
[Per leggere l’articolo segui questo link]

Similmente è difficile riportare le violenze quando perpetuate all’interno di una dimensione di coppia. Le seguenti statistiche, raccolte sempre negli US, indicano un preoccupante dato che riguarda i bi+.

  • Il 44% of lesbians and 61% of bisexual women have experienced rape, physical violence, or stalking by an intimate partner, compared to 35% of heterosexual women;
  • 26% of gay men and 37% of bisexual men have experienced rape, physical violence, or stalking by an intimate partner, compared to 29% of heterosexual men;
  • 46% of bisexual women have been raped (nearly half of whom between the ages of 11 and 17 at the time), compared to 17% of heterosexual women and 13% of lesbians;
  • 22% of bisexual women have been raped by an intimate partner, compared to 9% of heterosexual women;
  • 40% of gay men and 47% of bisexual men have experienced sexual violence other than rape, compared to 21% of heterosexual men.

L’operazione di victim blaming compiuta ancora più duramente verso i membri della comunità LGBTQ+ è inoltre, almeno parzialmente, il triste risultato di una costante ipersessualizzazione.

With regards to the much higher rates of sexual violence among bisexual and transgender individuals, it is often the case that bisexual and transgender identities are hypersexualised – the content of porn sites boasting videos of “bisexual babes” and “tr*nnies” being only one manifestation of this. Hypersexualisation of LGBT people then causes the kind of objectification that leads to sexual violence.

 

* Nonostante la parzialità dei dati qui esposti (su diversi livelli di intersezionalità), questo sguardo rapido alla situazione odierna è già così profondamente allarmante. Come sempre, alla base di queste casistiche risiede una profonda resistenza generale all’educazione sull’argomento. Non è ignorando un problema che lo vedremo scomparire, quindi discutiamone, e a pieni polmoni!

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