Liberarsi di un macigno: la storia di M.

Il primo ed importantissimo tassello verso la scoperta del mio orientamento sessuale l’ho fissato nello studio della Dottoressa F., una valida psicoterapeuta alla quale mi ero rivolto con fiducia per fare fronte al crollo dei miei primi quarant’anni: un matrimonio sfasciato, problemi al lavoro con licenziamenti, annessi e connessi, ma soprattutto una gran confusione in testa.
Dopo poche sedute e grazie ad un’alleanza terapeutica che si è instaurata praticamente da subito, sono riuscito a rivelarle il segreto che ho sempre nascosto nell’ultimo cassetto della mia anima: il rapporto con P.

P. era figlio di amici di famiglia, le mamme si erano conosciute in chiesa. Nella profonda provincia industriale emiliana, dove tutti si conoscono e dove più tardi ho capito che è difficilissimo non essere come gli altri ti vogliono, per fare amicizia il passo è stato molto breve. Tra una canzone d’autore e una partita a pallone, coca cola bevuta a sfasciarsi, imprescindibili funzioni religiose tutte uguali con relativa somministrazione di secchiate di sensi di colpa, l’amicizia è diventata qualcosa di più. Insieme abbiamo scoperto noi stessi, e in breve si è creato un qualcosa che se ci penso oggi, che di anni ne ho 42 e a volte la fatica di vivere in mezzo a queste macerie di vita non mi fa muovere dal letto per giorni, mi si stampa in faccia lo stesso sorriso di quando lo vedevo spuntare dall’angolo di casa sua ed entrambi sapevamo che avremmo passato un pomeriggio insieme.
Gli anni passavano ed il nostro legame si consolidava. Io non vedevo altro che lui. A causa del suo trasferimento nel profondo Nord per ragioni di lavoro del padre, i momenti in cui potevamo incontrarci e stare insieme si erano molto ridotti, ma erano di un intensità che mai avrei riprovato in vita mia.
Era alto e davvero bello, e chissà come sarebbe diventato se non fosse stato per quella terribile tragedia che ha posto fine alla sua giovane vita. Il dolore della perdita, il trauma di non averlo più, nella migliore tradizione emotiva del sottoscritto, l’ho chiuso dentro di me a doppia mandata. E con lui, tutti i dubbi sul mio reale orientamento sessuale.

Gli anni passavano, le prime fidanzate (poche) e gli insuccessi sentimentali (molti) non riuscivano a distogliere il mio pensiero da quello che in realtà desideravo. Mi piacevano gli uomini, me lo ripetevo come un mantra, e per anni sono stato convinto di essere omosessuale, vivendo tutto questo con molta vergogna, causata anche dall’educazione rigida che mi era stata data: un’infanzia vissuta tra ambienti militari e ultra cattolici. Insomma: se ci penso con gli occhi di oggi, con una buona dose di ironia, diciamo che non si sapeva da che parte girarsi.
Desideravo solamente rimuovere questo aspetto di me, convinto che si potesse fare come si chiude il bilancio di un’azienda, e visto che sono un contabile pensavo di padroneggiare la cosa con una sicurezza assoluta.
Covava dentro di me anche tanta omofobia interiorizzata. Mi vergognavo di me, sì. Ero il giudice più spietato e sprezzante di me stesso. Ma ci stavo anche male, malissimo, quando durante il servizio militare o nel bar del paese partiva la battuta o la barzelletta omofoba, perché in fin dei conti era come se si riaprisse dentro di me quella che io consideravo essere una ferita, la ferita di non essere come gli altri mi avrebbero voluto.
Sì, gli altri.

Ho chiuso nella cassaforte più blindata possibile questo aspetto di me a tal punto da vivere una vita che più etero non si poteva: fidanzate presentate in casa, matrimonio di rito, e la nascita di una splendida bimba.
Sì: ero quello che si può definire una persona realizzata. Peccato che non era quello che volevo.
Complice un periodo di forte crisi personale e di coppia, ha iniziato a muoversi dentro di me un desiderio di cambiamento. Volevo autenticità, disperatamente. Ero stanco, stanco e ancora stanco di fingere.
Alla fine di quella seduta con la Dottoressa F., dove avevo rivelato la parte più intima di me, mi ricordo che ero esausto. Ma era come se mi fossi liberato di un macigno.

I mesi successivi non sono stati facili, perché è vero, avevo tolto il macigno, ma dovevo fare i conti con quello che c’era dietro, al macigno. Un passo alla volta ho capito di essere attratto sia dalle donne sia dagli uomini. Ho capito di essere bisessuale. Ed un passo alla volta sto realizzando sempre di più che questi sono aspetti che sono parte di te, sono TE, non li puoi rimuovere. Perché prima di tutto non vivresti in maniera autentica, e ancora di più perché prima o poi ti presentano il conto. E te lo presentano nei momenti quotidiani della vita, quando, concentratissimo nella finzione della tua eterosessualità più ipocrita, vedi un uomo e non puoi non pensare “cazzo, s’è bello!”.
Perché è la verita, è la tua natura, è parte di te, sei TE.

Ho cercato di capire cosa voleva dire essere bisessuali. In rete non è stato facile, ci sono tonnellate di luoghi comuni e c’è poco materiale di qualità, diciamo poco materiale in generale. Bproud.it è stato un faro nella nebbia, e ho trovato tutto il coraggio che non sapevo nemmeno di avere per scrivere quella mail, per cercare di parlare della mia situazione con chi aveva vissuto quello che stavo iniziando a vivere io.
Ci siamo dati appuntamento all’incontro di Bologna del 3 giugno, ai Giardini Margherita, per conoscerci direttamente. Avrei potuto tirare fuori la scusa che era il weekend in cui avevo mia figlia, che era una domenica e avevo l’immancabile pranzone di famiglia in stile casa nella prateria. Invece ho fatto di tutto per esserci.
All’entrata dei Giardini non vedevo nessuno e la tentazione di girare l’angolo c’è stata, sono sincero.
Un messaggio alla pagina social però l’ho inviato ugualmente, e qua la mia buona educazione provincialotta mi ha salvato, a testimonianza che nulla accade per caso. “Vieni, siamo qui dal chiosco del bar”, la risposta è arrivata subito.
E’ stato un bellissimo pomeriggio e gli ipersensibili ed ultraemotivi come me in questi casi mettono su una specie di broncio, sintomo evidente dell’ingorgo emotivo in corso. Era impagabile l’esperienza che stavo vivendo: conoscere e parlare con persone che vivono una situazione simile alla mia.

Mi stavo finalmente alleggerendo del mio macigno, di anni e anni di tormenti, vergogna e tempo perso dentro a dipendenze che sembravano fatte apposta per buttare sempre più in fondo a me il M. più vero.
Ho preso tutto il coraggio che quella giornata mi ha lasciato e l’ho fatto mio. Dentro di me è cresciuto il bisogno di fare coming out, di dare visibilità e dignità a quanto non volevo più fosse solamente dentro di me. Mi sono detto che, per come sono fatto io, la strada più percorribile sarebbe stata dirlo, con il tempo, alle persone che per me rappresentano qualcosa di più, quelli che scriveresti su un foglio bianco se mai ti chiedessero i nomi di chi nella tua vita conta davvero, ai quali vuoi davvero bene, e che sai che non ti giudicherebbero mai. Un passo alla volta quindi, e ogni passo mi aiuterà a guadagnare sempre più vita.
S. è la prima alla quale l’ho detto, ed è attualmente l’unica a saperlo. Ci conosciamo da quando abbiamo 17 anni , quando le compagnie erano nei bar e riempivano le piazze dei paesi di provincia e ci si conosceva un po’ tutti per soprannome. S. è sensibile come me, ma nel tempo la ragazza permalosa ed emotiva che conoscevo ha lasciato il posto ad una donna sicura di sé e non più chiusa in se stessa.
La sera in cui ne abbiamo parlato, sono andato a dormire ed ero in uno stato indefinibile, a metà fra l’euforia e la commozione. Qualche lacrima è uscita, e per me, vi assicuro, è un evento.

Sono finalmente io.

E allora eccomi qui: piacere, M.

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