Il mio percorso verso l’accettazione: la storia di Federica

CONTENT & TRIGGER WARNING: linguaggio esplicito, menzione di violenza e violenza sessuale, menzione di atti sessuali tra minorenni consenzienti.

 

E’ da diverso tempo che nessuno parla più del bisessuale stereotipato, ormai sembra una rincorsa a chi cerca di distanziarsene maggiormente: ho quindi ritenuto opportuno dare il mio contributo e raccontare di questa figura mitologica a 3 teste, promiscua, che per sua natura necessita di due partner di genere diverso, e ovviamente poliamorosa: sono io, me medesima, Federica.

Ho scoperto la mia attrazione verso il genere femminile molto presto, più o meno intorno ai 4-5 anni. Posso dire che mia cugina ha dato una spinta notevole in questo. Lei aveva 4 anni più di me, ed è con lei che ho avuto le mie prime esperienze sessuali. Avevo circa 6 anni.
B. (così chiameremo mia cugina) mi spingeva a fare giochi nuovi, nascosti, da non dire a nessuno: che fosse in un armadio, o nel letto facendo finta di dormire, spesso ci masturbavamo a vicenda e ci baciavamo come fanno gli adulti.
Tutto questo si è protratto fino ai miei 10 anni circa. Non è stato facile mantenere la segretezza della cosa, con una madre (la mia) molto perspicace e una sorellina spiona pronta a ricamare su di me.
Fortunatamente questo tipo di esperienza precoce non ha portato conseguenze negative nella mia vita, anzi ne conservo un ricordo dolce e molto delicato.
Il mio cammino, comunque, era soltanto all’inizio: iniziai infatti a giocare con una delle mie migliori amiche, come mi aveva insegnato mia cugina, ma fuori casa.
Ricordo di non aver provato, in questo periodo, nessun tipo di attrazione verso il genere maschile: questa iniziò più tardi, verso i 12 – 13 anni.

L’adolescenza fu un periodo difficile e di scoperta. La prima relazione con un ragazzo fu un disastro, mi sentivo una specie di sex toy, sempre pronta per soddisfare i suoi pruriti erotici. Ero molto giovane, praticavo già sesso orale e anale con lui, ma non ero assolutamente pronta per fare l’altro passo.
Un pomeriggio eravamo a casa di un suo amico, noi due soli. Ricordo lui nudo e sdraiato sul letto intento a masturbarsi mentre guardava un porno, mentre io ero nuda di fianco a lui, in attesa di essere usata, come solitamente accadeva. Credevo funzionasse così tra uomini e donne. Lui iniziò con i soliti approcci, sesso orale e poi anale, finché non decise di voler avere un rapporto completo. I miei “no” sono valsi a poco: lui era sopra di me, pesante, mi teneva le mani ferme e poi è entrato con molta forza dentro di me. Ho provato dolore, molto, soprattutto mentale. Attesi che terminasse e poi, a cose fatte, iniziò ad insultarmi, a dirmi che non ero stata brava, che non ero stata capace e che la relazione era finita. Andò via lasciandomi in una pozza di sangue, ne persi molto, e sola, in una casa a me completamente estranea. Non riuscii nemmeno a piangere, ero muta. Ricordo che vagai per non so quali vie di Roma per ore dopo l’accaduto, in silenzio e confusa.
Non raccontai a nessuno di quel giorno. Mi sentivo sporca, in colpa, incapace di dare una spiegazione a quanto era accaduto. Per difesa rimossi l’evento dalla mia mente e andai avanti.

Tempo dopo incontrai un altro ragazzo, diversissimo per indole e carattere dal precedente, e iniziammo a frequentarci. Con lui scoprii un sesso più dolce, tenero e, soprattutto, consensuale. Qualche tempo più tardi iniziai ad avvertire i primi malesseri dovuti alla violenza subita: mi diagnosticarono una depressione con esaurimento nervoso e mi curai anche con una terapia farmacologica. Durante la terapia riuscii a parlare di quanto mi era accaduto e la mia analista mi aiutò pian piano a rileggere in chiave differente quell’esperienza. Il ragazzo era alle prime armi, inesperto, e sicuramente, avendo come esempio solo il porno di un certo tipo, ha creduto che quello fosse il modo giusto e normale di approcciarsi al sesso. Mi suggerì anche di confrontarmi con lui (erano passati circa tre anni dall’accaduto), di sentire cosa avesse da dire, e così gli scrissi una lettera (a quel tempo le email non esistevano): la sua risposta fu molto vicina alla versione che aveva ipotizzato la mia analista. Lui non si era reso conto di aver abusato di me e negli anni a seguire mi ha chiesto perdono tantissime volte. So che non è più successo con altre ragazze, solo con me, quindi ho ritenuto opportuno classificare la mia esperienza come un errore enorme non calcolato da parte sua, e mai più ripetuto: questo mi ha permesso di andare avanti, anche se ricordare certe cose ancora fa male.

Verso la fine della relazione con il secondo ragazzo e della mia ripresa dalla depressione, iniziò una nuova fase della mia vita. Durante tutto questo periodo il mio interesse e la mia attrazione verso il genere femminile (cis/trans*) non erano mai cessati, anzi, col tempo diventavano sempre più forti. Avevo avuto una relazione con una mia compagna di classe, mi ero invaghita della mia insegnante di danza e avevo iniziato a fare i miei primi coming out come bisessuale. Un giorno mi decisi a raccontarlo a mia madre. Le dissi che mi piacevano le ragazze oltre ai ragazzi e lei rispose: “Potrebbe essere una fase, l’ho avuta anch’io con una mia cugina.”
Le cugine nella mia famiglia sono state molto importanti, direi!
Feci coming out anche con una delle mie migliori amiche, e purtroppo andò malissimo. In un primo momento mi chiese solo se io mi fossi mai innamorata di lei, cosa che negai con decisione, cercando di rassicurarla sul fatto che la consideravo un’amica, che lei non incarnava per nulla il mio tipo di ragazza. Lì per lì sembrò che lei l’avesse presa bene, ma poi, purtroppo, iniziò la fase del ghosting: non si faceva sentire, inventava continuamente scuse per non vedermi, finché un pomeriggio scoprii che aveva invitato a casa sua altre persone della mia classe, ma non me. Non riuscii ad affrontarla, mi lasciò una bruttissima sensazione dentro, di rifiuto, di sporco, di non essere normale. Non mi contattò più, sparì completamente dalla mia vita.
Fortunatamente altri coming out, con persone molto importanti nella mia vita, sono andati bene.

Dai 18 anni in poi iniziai una fase caotica e promiscua, mi scopavo tutto quello che si muoveva, cercando di usare il più possibile i maschi. Li usavo per sesso, li dominavo a letto, poi li scaricavo senza pensarci. Avevo una valanga di ragazzi innamorati di me e più me ne rendevo conto più mi distanziavo emotivamente da loro, usandoli. Ora mi è facile parlare in questi termini, dopo essere stata in analisi per diverso tempo, ma in quel periodo non mi rendevo conto di cosa stessi facendo. Avevo il terrore di perdere il controllo, di sentirmi sbagliata e usata dagli uomini, quindi li usavo io per prima, senza permettere a nessuno di loro di toccarmi veramente.
Durante questo periodo iniziai anche una relazione poliamorosa con una ragazza e il suo compagno. A dire il vero a me piaceva solo lei, ma lui era il mio lasciapassare: se volevo arrivare a lei dovevo scopare anche con lui. Iniziò così un lungo periodo di rapporti sessuali a tre con lei e il suo ingombrante compagno, finché lo schifo che provavo nei suoi e nei miei confronti fu talmente tanto da non riuscire più a sopportarlo e chiusi la relazione con entrambi.
Mi è capitato di fare ancora sesso di gruppo dopo quella storia, soprattutto con ragazze che si dichiaravano etero.

Verso i 20 anni conobbi un ragazzo, un mio coetaneo, e con lui ebbi una delle relazioni più lunghe e difficili della mia vita. Fortemente omofobo e misogino, lui non accettava la mia bisessualità, che a quel punto cercavo di non nascondere più. Iniziarono quindi le botte, ad esempio quando partecipavo al Pride; iniziarono le offese, il dirmi che ero una lesbica di merda e una troia; il pedinarmi e minacciarmi costantemente. Per le violenze fisiche sono più volte corsa al pronto soccorso. Negli ultimi anni della relazione iniziai a frequentare donne di nascosto, erano avventure sessuali ma anche storie d’amore, ad esempio con una ragazza la frequentazione durò quasi un anno, finché lei decise di tornare dal suo ex. Erano tutte relazioni clandestine, che nascondevo per la vergogna di me stessa: mi sentivo una malata e un mostro, solo perché ero bisessuale e avevo l’esigenza di avere due rapporti paralleli. Il terrore che provavo verso il mio partner violento e l’insicurezza che quella storia mi aveva creato non mi permisero di chiudere con lui se non dopo 7 anni di violenze fisiche e mentali. Anche il dopo non è stato semplice purtroppo: il mio ex continuò infatti a perseguitarmi con minacce per i 5 anni successivi alla fine del rapporto. Andare alla polizia non servì praticamente a nulla, solo a farmi sentire più sola e disperata.

Dopo qualche anno passato fra storie varie, mi innamorai di uno dei miei migliori amici, un ragazzo bisessuale con disforia di genere.
Ci sposammo e io abbracciai la monogamia, cercando di ignorare totalmente quell’impulso continuo verso il genere femminile. Per circa 10 anni riuscii nell’impresa, anche se quella mancanza si faceva sempre più ingombrante e pesante. Mi accorsi di fissare culi in strada e la cosa non era assolutamente nel mio carattere. Strinsi i denti perché volevo essere una persona normale, monogama, come tutti quelli che mi circondavano, almeno per una volta nella mia vita. Il destino non era d’accordo con me purtroppo e mi mise davanti una donna per cui persi la testa immediatamente. Ne parlai con mio marito, chiedendo a lei di aspettarmi: per la prima volta nella vita volevo risolvermi, smettere di considerarmi uno schifo e finalmente accettarmi e farmi accettare dal mio partner per quello che ero. Un amico psicologo mi aiutò molto in quel periodo, lui è una persona che non smetterò mai di ringraziare per avermi permesso di cambiare. Dopo mesi di confronto, discussione, pianti e abbracci, M. (mio marito) ha capito il mio bisogno, ossia quello di avere anche una partner: ne ha compreso l’esigenza e, quindi, mi ha lasciato libera di vivere la relazione con questa donna.
Il rapporto con lei purtroppo non è stato così lineare: abbiamo avuto tanti problemi perché lei è una persona con tanti traumi, una ex prostituta (non per scelta personale) con violenze subite sin da bambina. Inoltre suo marito era scambista e la tradiva continuamente, costringendola ad accettare quello stile di vita pur di non perderlo e di far cessare i tradimenti. Con lei abbiamo avuto molte discussioni, ci sono state troppe bugie e situazioni veramente al limite, come quella volta che mi somministrarono droga per trascinarmi in locali swinger (fortunatamente alla fine mi riportarono a casa, non arrivai mai nel locale).
Il rapporto con lei non poteva che finire molto male, ma da questa esperienza ho imparato la lezione: so cosa voglio e cosa non voglio, so che persone e che rapporti riesco a gestire per come sono io e quali non sono per me. E, soprattutto, mi sono abbracciata per la prima volta nella vita, mi sono accettata per quella che sono: io sono una persona normale, come tante altre, e posso essere amata e rispettata per quello che sono.
Al momento continuo ad essere felicemente sposata con il mio meraviglioso partner e ho una stupenda compagna con cui dividere e condividere tante esperienze di vita.

Ah quasi dimenticavo! Lo scorso anno ho fatto un nuovo coming out, ho detto ai miei genitori della mia bisessualità e del mio essere, in qualche modo, poliamorosa. Mi hanno abbracciata, mi hanno detto di essere fieri di avere una figlia come me e che devo camminare a testa alta. Credo sia stato uno dei momenti più importanti della mia vita. Non dimenticherò mai quella sensazione di pace e accettazione finale.

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