Cosa chiedono le famiglie LGBTQI+ alle scuole dei loro figli?

Anche oggi la rubrica BFamily parla di scuola e lo fa con la traduzione di un articolo della versione inglese dell’autorevole rivista internazionale The Conversation, in cui si spiega quali sono le richieste che i genitori LGBTQI+ fanno alle scuole dei loro figli.

Tranquilli, non ci siamo improvvisamente svegliati in un mondo fatato convinti che nel nostro paese non ci sia ancora molto da fare: siamo indietro e lo sappiamo. Ma perché non portarci avanti? Perché non cominciare a pensare a quali siano per noi e per i nostri figli i punti fondamentali da toccare quando si parla di scuola?

Molti dei punti affrontati nell’articolo sono assolutamente riscontrabili anche nella nostra realtà come, ad esempio:

  • la mancanza di spazi sui moduli per le iscrizioni e le attività scolastiche dedicati a nuclei familiari diversi;
  • la tendenza a scegliere libri di testo (soprattutto per le Scuole dell’Infanzia e le Primarie) che, di fatto, non contengono disegni, immagini e foto inclusive, con famiglie diverse, multietniche ecc…
  • la mancanza di linee guida comuni su come affrontare, in classe, le feste dedicate ai genitori e le conseguenti attività didattiche ad esse correlate;
  • la mancanza di programmi curricolari obbligatori di educazione sessuale e sentimentale che siano non solo validi, ma anche, perché no, non sempre e solo “etero-centrici”;

Questo articolo lo vogliamo dedicare a tutti i genitori LGBTQI+ che ci seguono e soprattutto ai genitori bisessuali in coppia same sex, che siano “out” o meno (no, non tutti i genitori bisex in coppia same sex sono o possono essere out. In molti casi vengono considerati automaticamente gay e non sempre possono essere out se si trovano all’interno di un contesto familiare particolarmente bifobico). Siamo qui, scriveteci, parliamone, confrontiamoci su quelle che sono le esigenze delle vostre famiglie.

Buona lettura…

 

Traduzione di Anna; Revisione di Francesca.

Link all’articolo originale

Mentre il numero delle famiglie con genitori LGBTQI+ in UK sta crescendo, le scuole non sono sempre sicure su come reagire quando nuclei di questo tipo entrano nella loro comunità. Le politiche scolastiche tendono a focalizzarsi sugli studenti LGBTQI+ e a preoccuparsi di come prevenire episodi di bullismo. Invece la nostra ricerca suggerisce che se da una parte i genitori LGBTQI+ e i loro figli considerano fondamentale questo tipo di protezione, dall’altra vogliono di più dalle scuole.

Nell’ambito di uno studio più ampio, abbiamo intervistato 26 genitori e tutori e 19 bambini facenti parte di famiglie con genitori LGBTQI+ riguardo alla loro esperienze con le scuole dei loro figli e la comunità scolastica in generale. A parte due famiglie, tutte le altre presenti nella nostra ricerca sono “out” almeno con alcune persone nella scuola dei loro figli.
Le uniche eccezioni sono due famiglie nelle quali uno dei genitori è una donna trans*. In un caso il figlio frequenta ancora la scuola ma nessuno è al corrente della sua transizione e questo le provoca una costante preoccupazione e la paura che qualcuno lo scopra e il figlio possa diventare vittima di bullismo. Per la stessa ragione l’altra signora trans* ha aspettato che i suoi bimbi fossero più grandi per fare coming out. La maggior parte delle famiglie, comunque, sono state completamente aperte riguardo loro stesse anche se i bambini, in qualche caso, sono stati più cauti nel parlare della loro struttura familiare rispetto ai genitori.

Che cosa vogliono le famiglie?

Sia i genitori che i figli con cui abbiamo parlato sono sensibili all’argomento “visibilità” e all’essere trattati come una famiglia così come lo sono le altre a scuola. Per ottenere questo risultato il prima possibile i genitori solitamente fanno coming out alla prima occasione utile.

Una madre ci ha detto: “Lo faccio appena possibile perché poi penso: beh, se la gente è omofoba possono cominciare ad insultarmi sin da subito. Non voglio conoscere bene delle persone per poi scoprire che hanno una visione pessima dell’argomento o cose simili”.
In ogni caso, per trattare queste famiglie come tutte le altre, è necessario che la scuola sia promotrice di atteggiamenti positivi. Prima di tutto i genitori vogliono essere riconosciuti su tutti i moduli ufficiali, che dovrebbero contenere spazi per tutti i genitori che un bambino ha, senza etichette basate sul genere ed elencati in modo equo. I genitori presenti nella loro ricerca sono infastiditi quando ciò non accade. Una madre ci ha raccontato che, quando si trova con un modulo in cui c’è uno spazio per il “nome del padre” e uno per il “nome della madre”, lei fa sempre un segno sopra ma le viene ridato sempre lo stesso modulo.

Sia i genitori che i figli vogliono anche essere riconosciuti in occasioni quali la “festa del papà” e “la festa della mamma”. Si sono lamentati per il fatto che ai loro figli è stato permesso di creare un solo bigliettino o che in qualche caso sono dovuti restare in classe durante la ricreazione per farne un altro. I genitori vorrebbero anche che le scuole usassero libri, immagini ed esempi presenti nel programma che riflettano l’esistenza di famiglie come la loro. Hanno anche aggiunto che anche solo la presenza all’interno della scuola di poster per la visibilità LGBTQI+, come quelli prodotti da Stonewall, per esempio (qui la versione italiana proposta da Arcigay. NdT) li hanno fatti sentire più accolti e consapevoli che i loro figli sarebbero stati supportati a scuola.

Migliori programmi di educazione sessuale

Abbiamo anche riscontrato una certa irrequietezza da parte di genitori e figli riguardo l’educazione sessuale a scuola, orientata soprattutto all’eterosessualità (come potete riscontrare in questo nostro articolo, il nostro paese è molto indietro anche sui programmi di educazione sessuale “di stampo eterosessuale”. Accenni alle dinamiche della sessualità same sex sono quasi inesistenti NdT). Un genitore si è lamentato che tale materia, a scuola del proprio figlio, fosse limitata a “metti un preservativo su una banana e i tipi di contraccettivi disponibili”.
Un programma di educazione sessuale così limitato porta ad altri problemi e alcuni dei bambini che abbiamo intervistato si sono lamentati riguardo l’ignoranza dei loro compagni su come siano formate le famiglie LGBTQI+. Un bambino ci ha detto: “i primi anni è capitato che mi fosse chiesto come facessi ad essere vivo se avevo solo due mamme. E rispondere a domande del genere richiede molto tempo”.
Un altro bambino ci ha detto: “In un paio di occasioni mi sono state chieste cose folli tipo se io ero nato a metà. Metà in un genitore e metà nell’altro”.

Commenti come questi sottolineano come sia necessario insegnare ai bambini più piccoli i vari modi in cui un bambino può essere concepito. Lasciare che se ne parli solo a partire dalla scuola media o addirittura dalla scuola superiore è troppo tardi visto che a molti bambini è già capitato di conoscere famiglie LGBTQI+ a quel punto della loro vita.
Quasi tutti i bambini che abbiamo intervistato ci hanno raccontato di quanto disprezzino il termine “gay” utilizzato come insulto durante il gioco. Ci hanno detto che è una parola che viene usata ancora tantissimo e che a loro non piace avere la responsabilità di dover riprendere chi la dice.

I risultati di una valutazione proposta da Anna Carlile sugli interventi portati avanti dall’organizzazione “Educate&Celebrate”, che si occupa di formare le scuole per prevenire il bullismo omotransfobico, suggeriscono che le scuole potrebbero farsi promotrici di importanti passi avanti nel fermare l’utilizzo della parola “gay” come insulto se prendessero questo fenomeno sul serio come prendono, ad esempio, il razzismo.
Nessuna di queste problematiche è così difficile da risolvere e sono tutte questioni molto importanti per le famiglie con genitori LGBTQI+. Fare uno sforzo in più per essere maggiormente inclusivi avrebbe un impatto positivo sia per i bambini con genitori LGBTQI+, sia per una migliore educazione per i bambini in generale.


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