Cara Delevingne: la pansessualità, Fiona Apple e il significato del Pride

Traduzione di Francesca, revisione di Sara.

Qui l’articolo originale pubblicato da Variety.

Nel descrivere la sua amica Cara Delevingne, Fiona Apple la paragona a un paese straniero in cui ti senti subito a casa. “Un po’ come se Parigi fosse popolata da abitanti di Chicago”, scrive la Apple in un’email a Variety. “All’inizio noti gli abiti di classe, il portamento elegante e le sopracciglia di tendenza, ma poi, di persona, è una donna che ama abbracciare la gente, con un’anima da provocatrice e un cuore grande“.

Per gran parte della sua vita, Cara non ha avuto idea di come potesse gestire i propri sentimenti, se potesse farli davvero propri o dichiararli al mondo intero. In un giorno di maggio, durante una conversazione su Zoom da cui è stata tratta questa intervista, Cara afferma che per arrivare ad accettarsi ha dovuto prima scartare una serie di etichette. “Il fatto è che io cambio continuamente”, dice la 27enne britannica, attrice, modella, cantante e co-protagonista della serie fantasy “Carnival Row” di Amazon. “Mi sento sempre diversa. Alcuni giorni sono più femminile, altre volte più come un uomo“.

Alla fine ha scelto una parola per descrivere la sua identità. “Sono pansessuale e penso che sarò sempre così“, afferma, ovvero è attratta da tutti i generi. “Mi innamoro delle persone a prescindere dal pronome che usano per definirsi. Che sia un lui, una lei, un loro, per me non cambia nulla: è la persona che mi attrae”.

Con quasi 45 milioni di follower su Instagram, Cara è una delle attrici queer più visibili di Hollywood. Ha dimostrato che ci si può dichiarare ed essere fotografate dai paparazzi in giro con la fidanzata senza compromettere la propria carriera cinematografica: tra i suoi successi ricordiamo “Suicide Squad”, un film del 2016 tratto da un fumetto in cui interpreta una malvagia incantatrice, e “Città di carta”, un dramma adolescenziale ambientato in una scuola superiore. Ma soprattutto, ha utilizzato la sua popolarità per attirare l’attenzione sulla tematica della saluta mentale, soprattutto tra i giovani LGBTQ.

Tuttavia, per Cara non è sempre stato facile, soprattutto a Hollywood. Ricorda che, all’inizio della sua carriera, Harvey Weinstein la chiamò improvvisamente una sera. “Harvey era tra quelli che pensavano che avere una fidanzata fosse incompatibile con la mia carriera di attrice”, dice. “Dovevo avere una copertura“. Nel 2017 raccontò in una storia Instagram un incontro successivo con il magnate del cinema, poi condannato a 23 anni di carcere per violenza e molestie sessuali. A quanto pare Weinstein la invitò nella sua stanza d’albergo e tentò di baciarla, ma lei non ricambiò. Poi le offrì un ruolo nel film drammatico “La ragazza dei tulipani”.

Non è la prima volta che racconta della famosa telefonata con Weinstein, ma stavolta lo fa con una considerazione amara. “Anche se sapevo che succedeva spesso, l’idea di dover avere un fidanzato di copertura mi dava un senso di impotenza. Come fai ad andare da uno e dirgli “Ehi, devo fare finta di stare con te, ma non ti amo davvero”? Credo che sia stato proprio nel momento in cui mi sono sentita obbligata a comportarmi così che ho capito quanto in realtà volessi andare nella direzione opposta”.

Nel 2018 Cara dichiarò ai fan di avere una sessualità fluida. “Non pensavo di dovere fare coming out. La mia intenzione era semplicemente dire “Ecco, questo è ciò che sono. Volevo che lo sapeste”. Quest’anno, in occasione del Pride, lancerà una linea di abbigliamento per la Puma (soprattutto sandali e canotte con i colori rainbow); parte dei proventi verrà devoluta a fondazioni che si occupano di tematiche LGBTQ+. In quanto ambasciatrice del marchio, ha contribuito a realizzare una collaborazione del valore di 1 milione di dollari tra la Puma e The Trevor Project, l’associazione no profit che si occupa di prevenzione dei suicidi tra i giovani che si identificano come queer o che stanno esplorando il proprio orientamento sessuale. “È stata fondamentale”, afferma Sam Gold, uno dei manager dell’associazione che si occupa di testimonial. “Ogni giorno c’è qualche giovane che ci ricorda quanto personaggi come Cara possano essere di ispirazione”.

Un anno fa, durante il discorso di accettazione di un premio in occasione del galà annuale di The Trevor Project, ha letto una poesia che aveva composto da ragazza, in cui racconta con onestà il suo percorso di comprensione dell’amore. Comparire sulla copertina del numero di Variety dedicato al Pride è qualcosa che la Cara teenager avrebbe fatto fatica a credere: “Vorrei poterlo dire alla me stessa di 16 anni perché sinceramente, allora, non avrei mai potuto immaginarlo”.

Chi le sta più vicino potrebbe descriverla come un personaggio famoso che si comporta come tutt’altro. Fa amicizia facilmente e ha un gruppo di amiche femministe composto da alcune delle più grandi star di Hollywood. Sul suo profilo Instagram si leggono spesso commenti di Rihanna, Ellie Goulding, Kendall Jenner, Rita Ora e Taylor Swift, con cui Cara ha condiviso un appartamento a New York per un’estate intera.

Cara è estrema, eccentrica, divertente e profondamente leale“, scrive la Swift in un’e-mail alla nostra redazione. “Ha un’anima da esploratrice ed è sempre alla ricerca di un’avventura, il che rende esserle amica piuttosto impegnativo. Quando c’è lei non hai mai idea di come andrà a finire la serata. Eppure, nonostante sia estroversa e brillante, è capace di passare ore in un angolo appartato a una festa a parlare con una persona appena conosciuta, solo perché quella persona sta attraversando un momento difficile. È profondamente curiosa e altrettanto sensibile, ed è proprio questo mix che le rende così facile trasformarsi in un’altra persona davanti alla telecamera.”

Orlando Bloom, l’altro protagonista di “Carnival Row”, ha notato che non sta mai ferma. “È davvero unica“, dice, “ed è sempre in movimento: schiocca le dita, tamburella”. Secondo Orlando questa è una delle caratteristiche più importanti per un attore: “Ha un’energia nervosa, per questo quando rimane ferma si crea una contrapposizione che funziona molto bene”.

È un anno surreale, per Cara quanto per chiunque altro. Lo scorso inverno era a Praga per girare la seconda stagione di “Carnival Row”, in cui interpreta la fatina pansessuale Vignette. Ma a marzo la produzione si è fermata a causa del coronavirus, costringendola a lasciare il set e a rifugiarsi nella sua casa di Los Angeles. Sei degli otto episodi previsti sono già stati girati, ma non si sa quando verrà lanciata la nuova stagione. “È davvero bella, ma non ho idea di quando potremo finire di girarla”, dice. “Probabilmente non prima del prossimo inverno, perché le scene sono ambientate in un clima freddo, triste, con la neve”.

Quando non recita, Cara si diletta con la musica: scrive pezzi suoi, anche se non ha ancora pubblicato un album intero. Ha fatto un cameo nell’ultimo album di Fiona Apple, registrando i cori di “Fetch the Bolt Cutters”. Si tratta di un pezzo riflessivo sulla tematica della liberazione personale, particolarmente adatta alle tante persone ancora confinate in casa. La Apple ha iniziato a dialogare con Cara in uno scambio di messaggi che coinvolgeva anche Annie Clark, la ex di Cara più nota come St. Vincent. “Ci scambiavamo messaggi tutte e tre, finché loro non si sono lasciate; a quel punto sono rimasta in contatto con entrambe separatamente”, spiega. “Credo che la mia prima impressione di Cara si sia formata grazie alle parole di Annie, che la definiva come una specie di pagliaccio. Ed è vero, ma proprio per questo mi ha fatta sentire subito a mio agio! In seguito io e Cara abbiamo iniziato a sentirci regolarmente su FaceTime e ci scambiamo spesso pezzi di potenziali canzoni per la nostra band immaginaria (ma non troppo), le Rug Burns”.

Alla fine hanno deciso di incontrarsi di persona. “Mi sembrava di avere incontrato la mia anima gemella musicale: con lei mi sono sentita di nuovo bambina”, afferma Cara. Si sono chiuse in una stanza e hanno iniziato a registrare. “È stato incredibile. Pensate che ha fatto cremare i suoi gatti e ne ha conservato le ossa. Non so come sia possibile, ma non importa. Utilizza le ossa dei suoi gatti come strumenti musicali, quindi in qualche modo i gatti sono parte della canzone. È un’idea folle ma allo stesso tempo meravigliosa”.

Di recente, Cara e Ashley Benson, sua fidanzata nonché protagonista di “Pretty Little Liars”, si sono lasciate. Per due anni sono state la coppia cool che i paparazzi rincorrevano per tutta Los Angeles, seguendole quando passeggiavano o rientravano a casa. Pur non volendo parlare dei dettagli della relazione, Cara riconosce che uscire con qualcuno sotto gli occhi di tutti ha un peso enorme. “Mi è dispiaciuto per tutte le persone con cui ho avuto una relazione. È molto difficile mantenere una sorta di normalità. Forse è per questo che ora sono molto più riservata riguardo alla mia vita privata: vivere tutto in modo così pubblico può rovinare molte cose“.

Sta cercando di trarre il meglio da questo momento di isolamento sociale. “Mi tengo impegnata. Ho una postazione completa con batteria, piano e chitarra ed è fantastica. Avere con me i miei cani è fondamentale, anche solo per avere una routine giornaliera”. Fissa appuntamenti regolari su Zoom con la sua insegnante di yoga. “Passata questa fase, voglio potermi guardare indietro e sentire di essere cresciuta. Cerco continuamente di creare e fare qualcosa”.

Cara è nata a Hammersmith, Londra, in una famiglia di classe abbiente. Suo padre, Charles, è un immobiliarista; sua madre Pandora un’esponente dell’alta società che soffre di disturbo bipolare. “Sono cresciuta in una famiglia inglese repressa e all’antica“, afferma. “Usavo la parola gay in modo dispregiativo, tipo “Oh, questa cosa è così fo***tamente gay”. Se qualcuno diceva cose come “Oddio, ma ti immagini fare sesso orale a una donna?”, io rispondevo “Che schifo!”. Credo che fondamentalmente non volessi ammettere chi ero. Non volevo sconvolgere la mia famiglia. Ero profondamente infelice e depressa. Quando non accetti una parte di te e non ti ami, è quasi come se non esistessi“.

Cara ha avuto svariati ragazzi da adolescente, ma all’età di 11 anni si è sentita molto legata a un’altra ragazza.”Era la mia migliore amica ed eravamo davvero unite a tutti i livelli, perché parlavamo molto delle nostre famiglie. Hai presente quando i traumi uniscono le persone? Ricordo anche che ammiravo la sua forza. Suonava l’arpa e mi piaceva starmene lì seduta ad ascoltarla.”

Poi, un giorno, ebbe una rivelazione. “Ricordo di avere capito chiaramente che mi piaceva più di quanto io piacessi a lei. Poi ha fatto amicizia con qualcun altro e mi ha spezzato il cuore. Ho sentito che era solo l’inizio”.

I suoi genitori non sospettavano che alla figlia interessassero le donne. “Avevamo un grande seminterrato e quando sei adolescente vai a letto con un bel po’ di gente”, dice. “Stavo con ragazzi e ragazze e nessuno pensava che significasse nulla in particolare”. A 15 anni ebbe un esaurimento nervoso. “Arrivata ai 17, gli antidepressivi non funzionavano più. Sono arrivata a odiare me stessa. Pensavo che non avrei mai combinato nulla nella vita ed ero convinta che sarei morta presto”.

Ripensandoci, ora attribuisce il suo dolore all’incapacità di vivere apertamente il suo orientamento. “Credo che soffocare questa cosa abbia contribuito molto al mio crollo mentale”, dice. “Ma non me ne vergogno. Sono orgogliosa delle mie cicatrici”.

Ebbe la prima relazione romantica con una donna all’età di 18 anni. Quando finì, si ritrovò emotivamente a pezzi. “Non sono mai stata brava a parlare delle mie emozioni con mio padre, ma ricordo che un giorno ero davvero sconvolta. Avevo il cuore spezzato. Mio padre mi disse “Non parli mai con me” e io gli risposi urlando “Sto malissimo!”. Poi corsi giù per le scale. Ricordo che mi diede un abbraccio e cominciai a piangere senza riuscire a fermarmi. Dissi: “Una ragazza mi ha spezzato il cuore” e in quel momento pensai che avrebbe potuto sbattermi fuori di casa. Ero davvero terrorizzata. Poi lui mi disse: “Non vale la pena ridursi così per lei. Ti meriti di essere amata”. Fu talmente dolce che se ci penso adesso mi viene ancora da piangere”.

In collegio iniziò a cimentarsi con il teatro in opere come “Jane Eyre”, ma solo in ruoli secondari, mai da protagonista. Quando venne chiamata da alcuni produttori cinematografici per delle produzioni britanniche, fece un’audizione per la serie di film di Harry Potter (con scarso successo) e per “Alice nel paese delle meraviglie” di Tim Burton, riuscendo quasi ad aggiudicarsi il ruolo di attrice protagonista che poi andò a Mia Wasikowska.

Dato che la recitazione non sembrava fare per lei, iniziò a lavorare come modella. Ma nonostante il successo in passerella, continuava a cercare ruoli da interpretare. “Pensavo di essere disposta a recitare in qualsiasi ruolo”, dice, “ma il mio agente mi passava un copione e commentavo “Non ho intenzione di fare la parte della ragazzina stupida che viene uccisa””. Oppure criticava i dialoghi dei personaggi femminili. “Nessuna donna direbbe mai una cosa del genere. Mi spiace, ma è ridicolo”, pensava.

La svolta arrivò con “Città di carta“, una commedia basata sul romanzo di John Green in cui recita la parte della ragazza più popolare della scuola. “Era divertentissimo”, dice. “Frequentare un liceo americano era il mio sogno, invece studiavo in un fantastico collegio inglese. Ma ero fissata con gli armadietti, non ho idea del perché”. Essendo cresciuta nel Regno Unito, era una fan della sitcom anni ’90 “Saved by the Bell”, in cui gli studenti si riunivano sempre davanti agli armadietti tra una lezione e l’altra.

Dopo il successo di “Città di carta”, finalmente venne presa in considerazione per altri ruoli. “Suicide Squad” fu la prima produzione con un budget e un cast di un certo calibro, in cui recitò accanto a Will Smith, Margot Robbie, Jared Leto e Viola Davis. “Ero sconvolta”, dice. “Pensavo: “Cosa ci faccio io insieme a queste persone? Cosa sta succedendo?”. Ero nel panico, mi sentivo davvero fuori posto. Mi dicevo: “Come ho fatto a convincerli a darmi la parte?””.

Margot Robbie ricorda quando conobbe Cara prima dell’inizio delle riprese, in occasione di un evento esclusivo al castello di Windsor. “Servivano champagne e a un certo punto sussurrai alla mia amica “Cavoli, vorrei davvero una tequila”. Cara era abbastanza vicina da sentire la conversazione e chiese se stessimo bevendo tequila in quel momento. Risposi: “No, ma è un piacere conoscerti. Penso che diventeremo grandi amiche”. E così è stato da allora”.

Cara ha un rapporto molto stretto con i suoi fan, che spesso le ricordano se stessa quando non aveva certezze sul suo futuro. Le abbiamo chiesto quale messaggio vorrebbe condividere con loro; dopo una breve riflessione, ha risposto: “L’orgoglio è qualcosa che non ho mai provato quando ero più giovane. Credo che sia un po’ come il senso di appartenenza, la sensazione di avere una famiglia oltre a quella di origine, un posto dove non devi scusarti o vergognarti di chi sei. Da piccola sentivo di essere sempre fuori posto o mi sentivo a disagio con il mio corpo. Ero davvero persa”.

Anche se riconosce di sentirsi ancora così a volte, sa di avere gli strumenti per gestirlo. “Una volta iniziato a parlare liberamente della mia sessualità, non ho nascosto più nulla”, dice. “E ora so che la persona da cui mi nascondevo di più ero proprio io”.

 

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