Quella lunga telefonata: storia di un attivista bisessuale

Credo che per mia madre, la bisessualità abbia l’aspetto di un parco innevato. Fu l’immagine che le descrissi poco prima di darle la notizia: «No, non aspettavo un figlio dalla mia mia compagna, no, non eravamo tornati insieme, si era vero: SONO BISEX». Il lungo sospiro che emisi andò a formare una grossa nuvola davanti alla mia faccia, da cui continuava a scendere sempre lei, la neve.

“Com’era potuto succedere? Cosa mi stava succedendo e perché?”. Non seppi cosa rispondere a queste domande quindi mi limitai a poche rassicurazioni e alla promessa solenne che sarei tornato presto a casa e ne avremmo parlato di persona.

A spingermi verso quella decisione, cosi repentina, di svelare una parte celata della mia identità ai miei genitori non fu il coraggio, neppure una sana voglia di verità o un atto politico di coerenza, ma il pericolo, fondato, che se non l’avessi fatto allora, qualcuno l’avrebbe fatto al posto mio. E non potevo permetterlo. Quindi con mani gelide e piedi bagnati mi diressi verso il centro città, passando per il parco, con ritmo svelto e cadenzato per paura che il freddo mi togliesse la voce e spiattellai tutto via telefono.

Quel giorno toccai l’apice della montagna, la meta di un cammino che avevo ormai iniziato da anni e che coinvolse e stravolse le persone che avevo attorno, la mia compagna di allora per prima.

Non lo faccio per piaggeria, lei probabilmente non leggerà mai questo articolo, ma devo dire di essere stato molto fortunato a incontrarla, è stata un regalo di Dio sin dal primo giorno che entrò nella mia vita.

Quando le confessai di provare attrazione anche per gli uomini, lei non si arrabbiò, non andò in escandescenze, nulla di simile, ma si limitò ad accoccolarsi nel suo lato del lettone e a farsi piccola piccola e silenziosa fin quasi a scomparire. Quella notte andai a dormire molto tardi, cercai di fare il più piano possibile per non disturbare, allungai la mia mano verso la sua spalla, lei non rispose, perdurò nel suo tentativo di sembrare invisibile. Dopo un tratto, poche parole, risposta al mio: «come va?» E niente più sino all’indomani. Dopo ore di osservazione del soffitto e del candelabro a gocce di cristallo stile nonna pia, mi addormentai, più per ripicca con me stesso che per effettiva necessità.

Nei giorni seguenti si reinstaurò la solita routine, non ripetitiva ma abbastanza programmata, che pian piano tuttavia andava modificandosi senza che nessuno dei due neppure se ne accorgesse. Lei iniziò a moltiplicare gli impegni fuori, io a pensare a come migliorare la mia vita, anche alla luce di quelle nuove rivelazioni. Andammo avanti così per due anni, con il sesso domenicale e una intimità che andava via via modificandosi. Poi la nostra relazione, durata dieci anni, ebbe fine, o meglio, si prese una lunga pausa per assestarsi su nuovi piani. Quelli della profonda amicizia su cui si basa il nostro rapporto tuttora.

Dopo quel personale “Big Bang” andai a vivere in un appartamento in condivisione, mi innamorai di uno dei miei coinquilini che mi rifiutò essendo già fidanzato. Con la coda tra le gambe confessai di avere il cuore spezzato a Lei, l’unica di cui mi fidassi davvero in quel periodo . Volevo cambiare città ma al contempo tornavo alla “vecchia casa” ogni volta che potevo. Solo lì riuscivo a cucinare o a passare alcune ore serene. Mentre nella nuova sistemazione tutto si faceva sempre più difficile sino a spezzarsi… Tornai quindi dai miei genitori in seguito alla morte di mia nonna e rimasi da loro per almeno sei mesi. Quando rividi l’aeroporto Marconi eravamo oramai all’inizio dell’autunno e portavo con me tutta la speranza e la ritrovata calma per iniziare una nuova vita, da uomo bisessuale consapevole.

Così fu. Bologna divenne la mia nuova casa e un nuovo percorso mi si presentava davanti. Avevo tutto quello che avevo sempre desiderato. Rividi alcuni amici, con cui poter fare attivismo e condividere ideali e progetti e ne conobbi di nuovi, alla maggior parte dei quali parlai tranquillamente del mio orientamento, mentre con gli altri, perlomeno, non facevo nulla per dissimularlo.

Da quel momento iniziò il mio apprendistato erotico-affettivo alla luce del sole e all’interno della comunità lgbt, fatto di avventure rocambolesche, delusioni e amori, vittorie e sconfitte.

M.C.P

(l’immagine di copertina è di Francesca Morini – originale per BProud)

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