Coming out (bisessuale)

Dopo un lungo silenzio, rieccoci con un nuovo post.

Vorrei parlare di un argomento un po’ spinoso per tutti: il coming out, ovvero il momento in cui si dichiara a una o più persone il fatto di essere omo o bisessuale. L’espressione “fare outing”, spesso utilizzata in modo errato qui in Italia, significa invece rivelare che qualcun altro è gay o bisex e viene dall’inglese “to out someone”, ovvero “svelare” qualcuno.

Premetto che di me sanno quasi tutti ormai – amici, colleghi ed ex colleghi e mia sorella – a eccezione dei miei genitori, che purtroppo essendo estremamente religiosi la prenderebbero malissimo e mi renderebbero la vita un inferno.

Ebbene, oggi ho fatto coming out sul lavoro. La mia è una situazione particolare, perché in quanto libera professionista non ho una “routine” quotidiana: con pochissime eccezioni, non ho un orario fisso per alzarmi, pranzare o tornare a casa, ma dipende tutto da come ho pianificato le mie lezioni per la settimana in corso. Dimenticavo: faccio l’insegnante privata di inglese nelle aziende, con corsi individuali e di gruppo, e proprio in uno di questi gruppi oggi è successo il “fattaccio”.

Avevo già rivelato il mio orientamento a un’altra ex allieva, con cui poi ho instaurato un rapporto più simile a un’amicizia, e avevo deciso di farlo perché lei per prima si era esposta dicendo che, pur essendo etero, ha diverse conoscenze e amicizie gay. Quindi diciamo che in quel caso andavo abbastanza sul sicuro.

In questo gruppo, invece, da un po’ di tempo la goliardia che caratterizza spesso gli uomini quando si riuniscono in situazioni non strettamente lavorative portava a continue battute a sfondo omofobo. Di norma le stroncavo in modo bonario, facendo sempre e comunque notare che non era un comportamento corretto. Oggi però non sono proprio più riuscita a tollerare la leggerezza con cui alcuni si permettevano di parlare in modo offensivo dei gay, quindi ho detto di me.

Le reazioni sono state diverse tra loro, perché uno su quattro l’aveva già capito, essendo anche lui più a contatto con ambienti gay tramite alcune amicizie. Gli altri invece sono rimasti inizialmente basiti, ma poi hanno cambiato atteggiamento. In meglio.

Sarà che ormai mi conoscono da quasi un anno (a lezione ci diamo del tu e ci si fanno sempre delle gran risate) o che la stima professionale che nutrono per me è innegabile; fatto sta che ho percepito un cambiamento e sono contenta di avere preso questa decisione.

Rimane lo scoglio dei miei, che non so onestamente come affrontare. Forse prima o poi lo capiranno da soli, o forse, come sostiene la mia psicologa e la mia compagna Silvia, in realtà lo sanno già e non vogliono ammetterlo apertamente (anche perché due anni di convivenza in un monolocale a Milano con un’ “amica” con cui trascorri anche tutte le vacanze desterebbero un minimo di sospetto in chiunque, visto che ormai non siamo più universitarie da un pezzo). Figuriamoci poi se dovessi spiegare loro nel dettaglio che no, non sono lesbica, ma bisessuale. Un bel casino.

Per ora sono fiera di aver fatto questi passi pian piano e solo nel momento in cui me la sono sentita, perché se da una parte è importante non nascondersi per far capire quanto sia normale e frequente l’omo/bisessualità, dall’altra ritengo che sia altrettanto importante non fare coming out a tutti i costi e con tutti indiscriminatamente, nel rispetto degli altri (che magari, essendo legati a noi da un legame di amicizia o parentela, non sono pronti ad ascoltare) ma soprattutto di se stessi.

E voi cosa ne pensate?

F.

2 thoughts on “Coming out (bisessuale)”

  1. Non è certo così semplice come sembra.
    Sono C. 22 anni follemente innamorata e fidanzata con S. da un anno. Sarebbe stato inutile nascondere le cose agli amici, purtroppo ho la caratteristica di avere un viso espressivo sul quale si legge tutto ciò che mi accade, quindi tenere questa storia nascosta mi sembrava inutile. Inoltre spiegare la presenza di questa ragazza così diversa da me, sempre insieme a me, sempre presente nei miei discorsi, nelle mie foto e nei miei racconti avrebbe creato non pochi sospetti, quindi presa la decisione di parlare mi sembrò diventare tutto più semplice. E’ normale, c’è gente che la prende bene, perchè ti conosce da molto tempo, e gente invece che rimane fredda.
    Alcune ragazze non l’hanno presa così bene come mi aspettavo, dal momento che ho detto del mio innamoramento avevo notato un allontanamento, soprattutto fisico… come se il fatto che stessi con una ragazza volesse dire “attenta che ora tocca a te carina!”, cose dell’altro mondo! A volte venivo chiamata non per nome, ma con l’appellativo di “lesbica” (cosa che m’infastidiva dato che: 1) non mi sento lesbica, se mai bisessuale. 2) perchè devi usare questo termine in modo dispregiativo?!). Poi ho notato con il tempo altre mutazioni nel loro comportamenti, quasi troppo affettuosi, quasi troppo provocanti, confessioni di sogni in compagnia intima di donne… insomma pensavano di prendermi come attrazione anzi no, forse come ciò che sarebbe servito a loro per sperimentare.
    Ribadisco, cose dell’altro mondo!
    Il mio coming out con amici del mondo maschile invece è stato molto ristretto, solo pochi intimi, e dopo le prime battute scontate, sono stati più tranquilli, anche se un “ma sei sicura? dai guarda che è un peccato” è scappato lo stesso nonostante tutte le mie migliori aspettative. Frase che in un altro contesto mi avrebbe mandato in bestia, ma in questo caso sono riuscita a vederla come una premura da parte di persone che mi hanno sempre voluto molto bene.
    Parliamo del coming out con i miei genitori? Sicuri? Mia madre dice che sono malata, che sono confusa.
    A volte mi guarda e mi dice “TU NON SEI GAY!” e se provo a rispondere “INFATTI SONO BIS…” lei se ne va. Poi a volte mi chiede della mia ragazza ed è tranquilla, ride, scherza, ascolta anche quello che ho da dire su di lei, altre volte è meglio prendere la macchina e non presentarsi a casa fino al tramonto, non accetta nessuna forma di dialogo e in preda a deliri di urla e lacrime inizia a ripetere la sua lista di insulti che con il passare del tempo noto essere sempre più ricca e colorita.
    Mio padre si limita a dire “devi trovarti un ragazzo vero C, vedrai che è meglio” (sorridendo)… che rispondi? Niente… annuisci, sperando che prima o poi accetteranno questa idea di me, magari sperando che la finiscano di pensare che non faccio altro che ambire ad essere al centro di ogni stranezza. Già…
    sarebbe bello essere presa seriamente di tanto in tanto dai miei.

  2. Cara C.
    mi dispiace moltissimo leggere delle tue brutte esperienze relative al coming out. Sono d’accordo con te: non è sempre così facile. Ciò che non ho detto relativamente alla mia storia è che sì, mia sorella ora è tranquilla, ma ci è voluto tanto per ricostruire il rapporto tra noi (da sempre molto stretto), perché lei all’inizio non accettava la mia “nuova vita”. Abbiamo seriamente rischiato di allontanarci in modo definitivo. Per fortuna non è stato così, ma è stato un percorso difficile per entrambe. Per quanto riguarda gli altri, se da una parte gli amici “veri” hanno capito senza giudicare, è pur vero che gli amici veri sono molto pochi… E la maggior parte delle persone che frequentavo prima ora non le frequento più. Nel mio caso, paradossalmente, sono stata giudicata quasi di più per aver lasciato il mio ex marito che per il fatto di averlo lasciato per una donna. La gente è strana e spesso crudele, purtroppo… Ma come per qualsiasi altra esperienza difficile, è in queste circostanze che si capisce chi è davvero nostro amico.
    Il coming out con i genitori penso sia la cosa più difficile in assoluto, perché se da una parte è vero che gli amici sono importanti, quelli li scegli… i genitori invece non li puoi scegliere, né allontanare o cambiare, e qualsiasi giudizio o insulto arrivi da loro fa sempre molto, molto male. Mi dispiace davvero tanto per come i tuoi si stanno comportando nei tuoi confronti. È una cosa che io non ho ancora provato sulla mia pelle, e confesso di sentirla, a volte, come una debolezza da parte mia. La mia età, il fatto di vivere fuori casa già da diversi anni giocano a mio favore in questo: sarebbe stato molto più difficile nascondere la mia relazione con Silvia se vivessi ancora con i miei. Spesso mi chiedo se non sia il caso di dirlo. Per correttezza, visto che sono ormai gli unici a non sapere. Ma poi tutti mi sconsigliano di farlo… e sentendo le esperienze catastrofiche di altre persone, mi viene da pensare che forse c’è un limite tra il bisogno, lecito, di trasparenza e l’autolesionismo. Silvia, ormai tanti anni fa, è stata trattata malissimo dai suoi: l’hanno insultata, portata dal prete, da uno psicologo che la voleva guarire… Ma per fortuna ha tenuto duro e da quando conviviamo i suoi l’hanno finalmente accettata. Forse avevano solo bisogno di vedere che sua figlia poteva essere comunque felice.
    Spero di cuore che sarà così anche per te.
    Ti abbraccio e auguro davvero il meglio a te e alla tua ragazza.
    Continua a seguirci…
    A presto,
    F.

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