Il piede in due scarpe: la storia di Federica

“Cioè a me i gay e le lesbiche vanno bene, non mi danno fastidio”
Camminiamo per strada, è la primavera dei miei 14 anni. C’è il glicine che fiorisce arrampicato sul cancello della scuola, il suo profumo intenso mi rimane impresso nelle narici.
“Però i bisessuali.. Boh, cioè non puoi tenere il piede in due scarpe no? Troppo comodo.”
Mi tiro su la spalla dello zaino che continua a scivolare, lei mi guarda in attesa di approvazione.
C. è stata la mia migliore amica per ben 8 anni, prima di fregarmi il ragazzo e diventare insopportabile e antipatica. Tanto neanche mi piacevano i ragazzi, ma questo lo avrei scoperto molto dopo.
Mastico una gomma alla fragola che ormai ha un sapore dolciastro. Non sono d’accordo con C.: le persone bisessuali vanno bene come tutti gli altri, no? Se esiste un nome e se qualcuno si definisce “bisessuale” un motivo ci sarà. Non è che uno inizia a definirsi con una determinata parola a cui sta dietro un concetto perché non ha niente di meglio da fare. Soprattutto per una cosa così, penso mentre rumino questa maledetta gomma, che insomma già essere gay è difficile, ma vuoi mettere dover giustificare che ti piacciono sia i maschi che le femmine?
Chiaro che per fare tutta questa fatica nell’usare una parola così difficile da capire, vuol dire che esiste una sensazione, qualcosa che ti muove da dentro e che ti fa dire “no, non sono gay o lesbica, non sono nemmeno etero, sono bisessuale”.
Comunque C. non capirebbe o non le interesserebbe farlo, mi guarda e io ho 14 anni e sono un po’ scema “Sì in effetti, bisogna che si decidano”.

A distanza di anni ripenso spesso a questo episodio e a come in quel momento ho scelto di chinare la testa, di assecondare una forma di discriminazione sottile, apparentemente innocua, che però può crescere lentamente e trasformarsi in un pregiudizio (e attenzione i pregiudizi sono come quelle piante infestanti che per quanto ti sforzi non riuscirai mai a estirpare completamente).
Ho avuto l’occasione di conoscere persone bisessuali che mi hanno spiegato cosa significa per loro avere una parola con cui identificarsi, quanto li renda felici poter essere semplicemente quello che sono.
Adesso non dò più ragione alla C. di turno, non abbasso mai la testa, ma rispondo sempre “no, essere bisessuali non significa essere indecisi”, “come ti viene in mente che una persona ti possa essere meno fedele sulla base del suo orientamento sessuale?” e così via.
Io non sono bisessuale, sono lesbica, ma non importa. Tutti hanno bisogno di voci amiche e alleate.
Quindi se vi capita, spiegatelo anche voi: no, non è comodo tenere il piede in due scarpe.

Federica

4 thoughts on “Il piede in due scarpe: la storia di Federica”

  1. “Devono decidersi”. Sono d’accordo sul “decidersi” quando si legano a sé i sentimenti di un’altra persona, che conta su di noi per il supporto emotivo e per un progetto di vita. Allora sì… introdurre terzi nella relazione, nella maggioranza dei casi, sarebbe destabilizzante e poco rispettoso. Ma questo riguarda il rapporto con un singolo, non con un genere. Esiste la fedeltà a Tizia o a Caio, non la fedeltà alla Donna o all’Uomo. Che senso avrebbe, poi? Solo per rassicurare il prossimo con una parvenza di prevedibilità nelle proprie “scelte” sentimentali?

  2. Ciao Erica,
    grazie per il tuo commento.
    Purtroppo spesso c’è una confusione di fondo sulla questione del “decidersi”.
    Vedi, per una persona bisessuale non c’è proprio niente da decidere: sarebbe come avere due figli e dover scegliere per forza di voler bene solo a uno di loro.
    Si può scegliere di amare una sola persona e costruire una vita insieme a lei, e contrariamente a quello che si pensa succede molto spesso: se si è felici in una relazione, la bisessualità non è certo un problema.
    Ma sicuramente non si può scegliere di spegnere l’attrazione per uno dei due sessi.
    Quella rimarrà a prescindere dal sesso del partner con cui si costruisce un rapporto.
    Capisco che possa risultare difficile da capire per chi prova attrazione solo per un genere, ma credimi, per me è molto semplice.
    Sì, continuano a piacermi anche gli uomini. Come del resto mi capita di vedere altre donne da cui sono attratta.
    Ma amo la mia compagna, voglio stare solo con lei e insieme siamo felici.
    Non è questa, del resto, l’unica cosa che dovrebbe davvero contare?
    F.

  3. grazie Fede,
    mi sono chiesto molte volte se le frasi tipo: “Cioè a me i gay e le lesbiche vanno bene, non mi danno fastidio” non nascondessero la forma di omofobia più pericolosa: quella mascherata.
    Io non dico “ho tanti amici gay”, io dico “ho tanti amici”.
    E andando avanti con gli anni mi sono sempre più convinto che un’altra forma di discriminazione, soprattutto per quelle persone (etero o omosessuali) che si sono lasciate andare all’omofobia (interiorizzata nel caso degli omosessauli) è proprio distiguere tra omosessuali (che hanno -meno male- diritto di esistere) e bisessuali. In questo modo hanno spostato la possibilità di discriminare ad una sfera che è ancora poco accettata perché poco compresa come la bisessaulità o la fluidità nell’orientamento sessaule (come nell’identità di genere).
    grazie ancora!

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